LA RIVIERA DEL CONERO, DOVE LA MONTAGNA FÀ L'AMORE CON IL MARE

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La riviera del Conero è stata una scoperta. Le Marche sono state una scoperta. Ammetto di non averle mai prese in considerazione e di conoscerle (stupidamente) veramente poco, se non per nulla.

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La Riviera del Conero è stata una vera e propria folgorazione. Lei, con il blu dell’Adriatico (l’Adriatico capite? Il mare che pensavo fosse il più brutto, sporco e triste d’Italia) che si fonde con il verde della vegetazione del monte e il bianco, tanto bianco, che dipinge la roccia del promontorio a picco sul mare.

In alcuni punti sembra di essere in un dipinto.

La sua particolarità sta nella diversità delle sue spiagge, tutte diverse, una miriade di insenature, calette con schizzi di roccia che si tuffano in acqua, quell’acqua disseminata di ciottoli e pietruzze che riflettono la luce del sole. Quell’acqua che si mescola di turchese, cobalto e smeraldo che crea giochi di luce degni del miglior spettacolo pirotecnico. L’intreccio di vicoli dei borghetti sulla costa come Numana e Sirolo o nel primo entroterra come la misteriosa ed elegante Osimo.

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Le mie intenzioni di itinerario erano tre: Recanati e visitare la casa del mio amato Leopardi (mi ha sempre affascinato quell’ometto e la sua devastante sensibilità); non l’ho fatto. Volevo poi perdermi nelle grotte di Frasassi e imbastire storie di strane creature luminose e amiche del buio che vivono al loro interno. Anche qui, nulla da fare. A Loreto c’ho cenato dopo essere arrivato alla chiusura della cattedrale, essere riuscito a malapena ad accendere una candela ed essere stato accompagnato fuori perché era l’ora dei Vespri.

Mi hanno pure rassicurato che la basilica avrebbe aperto più tardi ma è stata una mera illusione. La mia sfiga mi ha perseguitato anche dopo l’accensione del cero. In compenso, Ho fatto moltissima vita di mare, ho dormito, riposato e riflettuto tanto su fatti e persone, accarezzato dal vento e cullato dal profumo della pineta che dall’alto inebria le spiagge con la sua ombra e i suoi sussurri.


Un amico mi ha raccontato che il suo nonno gli diceva sempre: “I marchigiani sono brava gente”. Non posso dargli torto, ho incontrato tantissimi sorrisi, educazione e un’ospitalità che mi ha fatto ricaricare la batteria della fiducia negli esseri umani.

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La riviera del Conero è composta da mare e monti, non c’è via di mezzo, il monte Conero si getta a picco sul mare come un tuffatore professionista che diventa un tutt’uno con la natura; terra ed acqua sono due amanti che amoreggiano furiosamente bruciati dalla passione e dal sole.

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Le decine di spiagge immerse tra i colori della roccia e il profumo dei pini marittimi, sono tutte raggiungibili o solo via mare o attraverso sentieri scoscesi che mettono alla prova la stabilità e la prestanza fisica soprattutto nella fase di ritorno e salita.


Tra tutte, sono rimasto affascinato dalla spiaggia delle Due sorelle, chiamata così per i due faraglioni che si stagliano sulla sua sinistra; ma guardandola dal mare, ed esattamente da nord, le due pietre somigliano due suore inginocchiate in preghiera a mani giunte.

Il nome di questi due scogli in mezzo al mare nasconde dietro di sé anche una leggenda magica che mi ha stregato e non poco.

Si narra che Mitì, la bellissima figlia di un pescatore, sognò dell’arrivo sulla spiaggia di un giovane marinaio che le promise, al suo ritorno, di fuggire assieme in compagnia del loro amore.

La ragazza, mossa dal desiderio di un sogno così vivido da quella notte si recò ogni giorno alla spiaggia in attesa del suo amato e trascorrendo le giornate cantando una canzone dolce e seducente.

Quel canto divenne presto un richiamo per i giovani uomini di Sirolo e altri marinai, ma Mitì, dopo vari rifiuti dei loro corteggiamenti cominciò a diventare iraconda nei confronti dei pretendenti e in particolar modo per aver realizzato che quel sogno d’amore non si sarebbe mai realizzato.

 

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Con l’aiuto di un demone marino riuscì ad imprigionare tutti gli uomini che cedevano al suo canto nella vicina “grotta degli schiavi” sfogando su di loro il suo immenso dolore.

Un giorno, si avvicinò a riva una barca con a bordo un bel giovane e Mitì, credendo che si trattasse del suo promesso sposo, gli corse incontro. Il giovane, compiaciuto, le confessò che non era venuto per sposare lei ma un’altra ragazza del villaggio, sua amata da molto tempo.

Sopraffatta dal risentimento, Mitì cominciò a nuotare seguendo la barca dei due amanti, cantando sempre la stessa seducente melodia finché non scomparve all’orizzonte abbandonando definitivamente la spiaggia. Il Demone, rimasto solo e senza più potere, venne trasformato in pietra dalla provvidenza divina e il suo corpo diviso in due come punizione per i malefici che aveva perpetrato contro gli sfortunati uomini innamorati della ragazza.

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Il corpo del demone marino venne trasformato in due pietre davanti a quella spiaggia testimone di tanto dolore del cuore. Mitì non tornò mai più in quel luogo, ma molti racconti descrivono di una ragazza bellissima dai capelli verdi e la pelle coperta di squame che nuota vicino alle imbarcazioni dei marinai e pescatori cantando una bellissima canzone. Mitì è diventata una sirena e vive nel mare a largo di Sirolo. Voglio crederlo.

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Un’altra spiaggia che sono riuscito a vivere è quella di Mezzavalle, un luogo abbastanza selvaggio, una spiaggia che racchiude in sé tutte le caratteristiche delle altre. Qui si trovano sassi dai mille colori, ciottoli bianchi che si intervallano con blocchi di argilla che compone la parete del monte solo in questa zona della riviera.

Camminando lungo questa grande insenatura si può scorgere un’intera parete di argilla solidificata, dura come la pietra che ricopre il costone, ma, in alcuni punti, bagnata dall’acqua sorgiva, si ammorbidisce fino a diventare una crema morbida e liscia.

Mi ci sono spalmato per bene tutta la faccia e il corpo per dopo tuffarmi nel mare per liberarmi da quell’armatura di creta che solidificandosi al sole mi aveva reso una statua.

A differenza delle altre, la spiaggia della Vela mi ha trasmesso oltre che pace, solitudine e anche un po’ di inquietudine.

È chiamata così per un singolo scoglio che sbuca dal mare e guarda un po’ sembra una vela, voglio pensare che sia la vela di un vascello di pirati che naufragò e una volta affondato, la vela è stata cristallizzata dal vento carico di salso; una spiaggia a dir poco selvaggia composta da ciottoli e verso il mare scogli che rendono la balneazione difficoltosa ma che regala un paesaggio suggestivo e riflessivo.

La mia inquietudine ha trovato il suo apice quando camminando lungo la costa, dopo essermi arrampicato, grazie ad una corda e funi di ferro, lungo il ripido costone di pietra chiarissima, sono approdato in una caletta in cui il naturalismo faceva da padrone.

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Non ho mai capito il vero significato di praticarlo, spiegatemi la differenza tra indossare un misero pezzo di stoffa per coprire la natura (morta da quello che ho visto) e rimanere come mamma c’ha fatti.

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Sarò limitato, ma vedere delle pelli di daino neanche buone per asciugare la macchina e tette a penzoloni mi ha fatto tornare indietro alla velocità della luce pensando a quanto l’essere umano possa rendersi ridicolo. L’esibizionismo non mi piace e almeno se bisogna esibire, facciamo in modo che si pratichi solo se ce lo si può permettere, uccelli impiccati e gonadi al vento a me fanno tanto ridere e un filo di tristezza.

Vacanza. Un tempo per me questa parola significava stancarmi. Dormire poco, passare da un locale all’altro, fare tardi, “fare serata”, arrivare all’alba, dormire due ore tirate, spiaggia fino a sera e perenne ansia di “fare” cose inutili, ma “fare” per poi ricominciare l’abaradan del giorno prima. Essere sempre impeccabile, mostrare ma non dimostrare, alla ricerca di quella parvenza di perfezione che fondamentalmente non c’era e non c’è.

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Ora vacanza vuol dire non avere ansia, rimanere mezza giornata senza connessione cellulare e non andare in fibrilla, stare in compagnia di poche, pochissime persone e parlare, parlare tanto dimenticandosi del tempo che passa. Ora vacanza significa non avere orari, vivere il lusso di fare ciò che si vuole senza dover accontentare nessuno. Fare anche fotografie brutte ma cariche di significato e ricordi. Adesso, è andare a dormire presto per poter avere le energie di godere di posti meravigliosi, scoprire e osservare.
Vacanza è staccare la spina anche per poco ma giusto quel tanto che serve per avere le batterie cariche.

Libero da pensieri e da convenzioni, non più intrappolato in quello che dovevo essere ma non ero e... non sono.


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